Non sto inventando niente. Il teaching leader è semplicemente una delle figure professionali di una delle aziende con cui collaboro. Nello specifico il ruolo che avrei dovuto avere l’estate scorsa. Praticamente è chi insegna viaggiando con le persone. E cioè riassume le mie due professioni in una persona. Me.
Pensate che sono una ex timida. La timidezza l’ho vinta volontariamente iniziando a lavorare su me stessa dall’adolescenza perché volevo avere tanti amici, conoscere il mondo. Piano piano ho imparato a gestirla. I miei due lavori mi hanno aiutata a superarla perché in viaggio con i ragazzi, soprattutto se sei la loro insegnante, devi far venire fuori il meglio di te. Non vi nascondo che ogni tanto però, riappare, sotto forma di calma e discrezione o addirittura come imbarazzo. Arrossire da adulti è strano, spesso quando mi coglie così alla sprovvista la combatto con la parlantina. Eh già, perché ho un grande entusiasmo e sono innamorata della vita. E questo mi aiuta a non arrendermi davanti alle grandi e piccole difficoltà, anzi, a prenderle e viverle come nuove opportunità. Il mio entusiasmo è fraintendibile? Si, potrebbe esserlo. Spesso viene frainteso ma ho imparato anche a non curarmene più di tanto. Soprattutto quando il mio entusiasmo si riferisce al viaggiare.
Perché viaggiare è bellissimo e mentre si viaggia si impara sempre a prescindere da tutto. Continuiamo a viaggiare anche se non lo possiamo fare fisicamente. Oggi penso alle pause. Le pause in aeroporto. Questi tempi di attesa al ritorno da un viaggio. Quando chi viaggia con me crolla stanco e soddisfatto su una sedia ad aspettare il volo con la serenità di non essere solo. La serenità di poter continuare a lavorare o chiacchierare perché c’è qualcuno che si occupa “di tutto il resto”: confermare le prenotazioni, i transfer, le cene, le guide, le relazioni. Mi manca tanto quel “resto”. Non importa se è un viaggio lungo o breve e nemmeno se è a mezz’ora da casa o dall’altra parte del mondo. Quello che importa è sapere che c’è qualcuno che si prende cura delle tue cose.
E mi viene da sorridere quando penso al momento in cui ci troviamo di fronte a chi parla una lingua straniera che non conosciamo. Uno scioglilingua confuso e … Si! Lo so che lo hai fatto anche tu! Per imbarazzo, istinto o entusiasmo mentre quella persona parla inizi ad annuire ed a dire yes, yes, yes senza aver capito nulla! E’ divertente, è forse la parte più divertente del viaggiare e di imparare una lingua straniera ma se dici “si, si ” quando non sai nemmeno cosa ti hanno chiesto ti sgamano! E poi ci sono quelli che lo dicono a te questo “si, si” e soprassiedi davanti alle loro facce confuse che ti sorridono e ti guardano con gli occhi grandi grandi rispondendoti una cosa che non c’entra nulla con quello che avevi chiesto. Soprassiedi perché lo sai, ci sei passato, ci stai passando e … semplicemente cambi discorso, sorridi e ti senti meno solo ma… hai bisogno di quella libertà che si prova nel poter esprimere il proprio pensiero in lingua straniera, ordinare quel famoso caffè e riceverlo esattamente come lo hai chiesto (o pensavi di averlo chiesto!)
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Barriera linguistica. Così si chiama.
Ci sono le barriere logistiche e le barriere linguistiche.
Io le abbatto entrambe.
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foto di Pascal Meier da Unsplash